Storia Viva - Speciale Riti di Passione: la Pietà nel Sabato Santo
La Pietà nel silenzio del Sabato Santo è l’anima di Ruvo in cammino
sabato 19 aprile 2025
Nel respiro profondo del Sabato Santo, quando la città sembra trattenere il fiato in attesa della luce pasquale, Ruvo si raccoglie attorno a uno dei suoi riti più intensi: la Processione della Pietà. È l'ultimo corteo della Settimana Santa, il congedo dolente e silenzioso che si snoda nel cuore antico del paese, partendo dalla secolare Chiesa del Purgatorio, tempio della memoria e della devozione più intima.
A guidare la processione è la Confraternita della Madonna del Suffragio, nata nel 1678, figlia di un sentimento profondo verso le anime del Purgatorio, nutrito di carità e compassione. Tra quelle navate, cresciute sulle fondamenta dell'antica chiesa di San Cleto, il popolo ruvese ha imparato a pregare con lo sguardo rivolto all'aldilà, affidando i suoi dolori e le sue speranze al mistero della fede.
Cuore e simbolo del corteo è la statua della Madonna della Pietà, scolpita tra il 1898 e il 1901 dal maestro leccese Giuseppe Manzo. La Vergine, vestita a lutto, accoglie sulle ginocchia il corpo martoriato del Figlio, in un gesto che sa di amore estremo e di dolore universale. È un'opera nata dal sacrificio dei confratelli, scolpita con mani umili e voti ardenti, portata a compimento in più fasi: il volto e le mani della Madonna nel 1901, il Cristo solo nel 1928. Durante un restauro recente, sotto il collo della Vergine, è emerso un segno tangibile del suo autore: l'attestato della medaglia d'oro ricevuta all'Esposizione di Torino del 1898.
Alle 16:30, quando la luce pomeridiana si fa più tenue, la banda intona la struggente marcia "Pietà" di Angelo Lamanna. Il simulacro viene sollevato a spalla da 38 portatori, che con movimenti lenti e ritmati fanno ondeggiare la statua sul sagrato, come cullandone il dolore. Davanti, apre il corteo il Cireneo, figura muta e incappucciata, anonima e devota, che porta la croce come segno di penitenza e memoria degli antichi confratelli.
Le vie si stringono attorno al corteo, come a proteggerlo. Confratelli e consorelle camminano fianco a fianco, vestiti dei colori del lutto e della speranza. Il nero degli abiti contrasta con le luci soffuse che illuminano il cammino, mentre la città assiste in silenzio, come sospesa tra terra e cielo. La statua, molto amata dalle donne di Ruvo, un tempo veniva adornata con ex voto e donativi, segni di fede semplice e viscerale, offerti per una grazia o contro una calamità.
Quando scende la sera, la Pietà prosegue il suo cammino nella penombra, circondata da un arco di lampade a forma di rosa che la fanno brillare nel buio. Intorno alle 22:00 rientra nella sua chiesa, accolta da un popolo composto e commosso, mentre nell'aria si diffonde la marcia "Sabato Santo", lenta come una preghiera.
La Processione della Pietà è l'anima di Ruvo che cammina. È la madre che piange, il credente che spera, la comunità che si stringe nella notte per attendere l'aurora. Un rito antico che ogni anno rinnova, con poesia e silenzio, il mistero della compassione e della resurrezione.
A guidare la processione è la Confraternita della Madonna del Suffragio, nata nel 1678, figlia di un sentimento profondo verso le anime del Purgatorio, nutrito di carità e compassione. Tra quelle navate, cresciute sulle fondamenta dell'antica chiesa di San Cleto, il popolo ruvese ha imparato a pregare con lo sguardo rivolto all'aldilà, affidando i suoi dolori e le sue speranze al mistero della fede.
Cuore e simbolo del corteo è la statua della Madonna della Pietà, scolpita tra il 1898 e il 1901 dal maestro leccese Giuseppe Manzo. La Vergine, vestita a lutto, accoglie sulle ginocchia il corpo martoriato del Figlio, in un gesto che sa di amore estremo e di dolore universale. È un'opera nata dal sacrificio dei confratelli, scolpita con mani umili e voti ardenti, portata a compimento in più fasi: il volto e le mani della Madonna nel 1901, il Cristo solo nel 1928. Durante un restauro recente, sotto il collo della Vergine, è emerso un segno tangibile del suo autore: l'attestato della medaglia d'oro ricevuta all'Esposizione di Torino del 1898.
Alle 16:30, quando la luce pomeridiana si fa più tenue, la banda intona la struggente marcia "Pietà" di Angelo Lamanna. Il simulacro viene sollevato a spalla da 38 portatori, che con movimenti lenti e ritmati fanno ondeggiare la statua sul sagrato, come cullandone il dolore. Davanti, apre il corteo il Cireneo, figura muta e incappucciata, anonima e devota, che porta la croce come segno di penitenza e memoria degli antichi confratelli.
Le vie si stringono attorno al corteo, come a proteggerlo. Confratelli e consorelle camminano fianco a fianco, vestiti dei colori del lutto e della speranza. Il nero degli abiti contrasta con le luci soffuse che illuminano il cammino, mentre la città assiste in silenzio, come sospesa tra terra e cielo. La statua, molto amata dalle donne di Ruvo, un tempo veniva adornata con ex voto e donativi, segni di fede semplice e viscerale, offerti per una grazia o contro una calamità.
Quando scende la sera, la Pietà prosegue il suo cammino nella penombra, circondata da un arco di lampade a forma di rosa che la fanno brillare nel buio. Intorno alle 22:00 rientra nella sua chiesa, accolta da un popolo composto e commosso, mentre nell'aria si diffonde la marcia "Sabato Santo", lenta come una preghiera.
La Processione della Pietà è l'anima di Ruvo che cammina. È la madre che piange, il credente che spera, la comunità che si stringe nella notte per attendere l'aurora. Un rito antico che ogni anno rinnova, con poesia e silenzio, il mistero della compassione e della resurrezione.