Scorie radioattive
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Scorie radioattive sulla Murgia, Legambiente a fianco dei sindaci

«L’Alta Murgia non deve diventare la destinazione finale dei rifiuti nucleari»

A ventotto anni dal referendum che ha messo fine all'era nucleare in Italia, il problema delle scorie radioattive non è stato ancora risolto e i 'no' al deposito unico di scorie radioattive dei sindaci della Murgia pugliese e lucana ne sono la prova.

«Ci schieriamo al fianco dei sindaci contro l'ipotesi di smaltimento dei rifiuti nucleari sulla Murgia pugliese e lucana perché in quel territorio non ci sono le condizioni per ospitare il deposito unico nazionale. Nella partita della messa in sicurezza e dello smaltimento dei rifiuti radioattivi in Italia è importante avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso che coinvolga i territori e le amministrazioni locali nell'individuazione di un luogo dove costruire un deposito unico nazionale che accolga le scorie a media e bassa radioattività, ma non quelle ad alta radioattività. Queste ultime, a nostro avviso, non possono essere gestite in Italia, nemmeno temporaneamente, ma devono essere, invece, accolte in un deposito internazionale a livello europeo, soluzione consentita anche dalla direttiva europea» ha commentato Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia.
Dopo la chiusura delle centrali nucleari, in Italia sono rimasti 90.000 mila metri cubi di scorie radioattive, di cui il 60% derivanti dallo smantellamento delle centrali nucleari e il restante 40% dalle attività medico industriali, che continueranno a produrre rifiuti radioattivi anche in futuro. Sul totale sono, poi, 15mila metri cubi le scorie ad alta radioattività che, secondo Legambiente, devono essere smaltite all'estero. Ad oggi i rifiuti radioattivi sono raccolti, seppur in maniera temporanea, in depositi spesso non idonei e a rischio, come accade ad esempio a Saluggia, in provincia di Vercelli, in Piemonte, dove nel centro Eurex sono custoditi l'85% dei rifiuti nucleari italiani tra cui anche quelli ad alta radioattività. L'impianto si trova sulle sponde della Dora Baltea, vicino alla confluenza con il Po, in una zona ad elevato rischio alluvionale.

Circa un anno fa la Sogin (società pubblica responsabile per la sicurezza e lo smantellamento degli impianti nucleari italiani) ha consegnato all'Ispra la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee, la Cnapi. L'Ispra, dopo un'attenta analisi, ha inviato la sua valutazione ai ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico. Questi ultimi, dopo aver chiesto ulteriori approfondimenti tecnici a Ispra e Sogin sulla Cnapi, a fine agosto avrebbero dovuto comunicare la lista dei siti idonei a ospitare il deposito sui rifiuti nucleari pubblicando la Carta delle aree idonee, tra cui verrà scelto il sito definitivo anche in base alle autocandidature dei territori. Ma dai dicasteri non è arrivata mai nessuna risposta in merito, non c'è stato nessun dialogo con i territori ed, inoltre, ad oggi non è ancora operativo l'Isin, l'ente di controllo che dovrebbe seguire con la Sogin la questione del deposito.
«Trovare una soluzione per i rifiuti radioattivi è quanto mai urgente, ma i troppi ritardi e la poca trasparenza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso che dovrà portare all'individuazione del deposito, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato» ha concluso Tarantini.
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