
Eventi e cultura
“I Suoni del Dolore”: sul sagrato di San Rocco un rito performativo tra liturgia e New Butoh – LE FOTO
La danza come meditazione nella notte degli Otto Santi: gesti lenti, musica sacra e simbolismi del corpo
Ruvo - giovedì 17 aprile 2025
Nel cuore della Settimana Santa ruvese, mentre la città si prepara con raccoglimento alla solenne processione notturna degli Otto Santi, il sagrato della chiesa di San Rocco si è trasformato, nella serata di ieri, martedì 16 aprile, in uno spazio liminale e carico di suggestione.
Alle 20:00, davanti a un pubblico silenzioso e partecipe, ha preso forma "I Suoni del Dolore. Tra sacro e New Butoh…", una creazione coreutica site-specific che ha coniugato la densità rituale del contesto con la radicalità poetica del linguaggio performativo contemporaneo.
Ideata dalla coreografa Mimma Di Vittorio e interpretata dalle danzatrici Chiara Trimarchi e Nicoletta Giancaspro, l'azione performativa ha riletto lo spazio sacro come corpo vivo, dove il gesto si fa preghiera muta e la materia corporea diventa veicolo di interrogazione spirituale. A dialogare con i corpi in scena, l'Orchestra di Fiati "Amici di San Rocco", guidata dal maestro Simone Salvatorrelli, che ha offerto una colonna sonora emotivamente stratificata, sospesa tra tradizione e dissonanza, evocazione e dramma.
Cuore concettuale dell'intervento artistico è stato il riferimento al Butoh, linguaggio performativo nato nel Giappone postbellico negli anni '60 grazie all'opera di Tatsumi Hijikata e Kazuo Ōno. Definito anche "la danza delle tenebre", il Butoh è una pratica che decostruisce i canoni estetici della danza classica e moderna per restituire al corpo la sua dimensione originaria, cruda, autentica. È un'arte che scava nel dolore, nell'abiezione, nella memoria ancestrale del corpo, rendendolo contenitore di lutti, estasi e trasformazioni. Il New Butoh, a cui si ispira questa performance, rielabora quei principi in chiave contemporanea, ibridandoli con elementi di altre culture e discipline, per esplorare nuove forme di presenza scenica e trascendenza fisica.
Su questo sfondo, i movimenti rallentati e ipnotici delle performer hanno tracciato una coreografia dell'attesa e della sospensione, quasi a farsi eco del dolore sacro che attraversa la Passione e a incarnare, attraverso la tensione muscolare e il peso del corpo, l'esperienza della fragilità umana. Nessuna parola, nessuna narrazione lineare: solo corpi attraversati dal suono, dalla memoria collettiva, dal senso del sacro che ancora oggi abita i luoghi e i gesti della devozione popolare.
Il risultato è stato un atto performativo di intensa carica simbolica ed emotiva, capace di rileggere i codici della tradizione attraverso un'estetica radicale e perturbante, e di restituire al pubblico un'esperienza che non si limita a essere spettacolo, ma diventa rito contemporaneo, come esperienza meditativa e comunitaria.
"I Suoni del Dolore" ha saputo costruire un ponte fragile ma potente tra le due dimensioni, interrogando il senso della sofferenza, del silenzio, della presenza. E così, nella notte che ha preceduto la processione degli Otto Santi, Ruvo ha assistito a un altro tipo di pellegrinaggio: quello interiore, tracciato da corpi che danzano non per mostrare, ma per offrire.
Alle 20:00, davanti a un pubblico silenzioso e partecipe, ha preso forma "I Suoni del Dolore. Tra sacro e New Butoh…", una creazione coreutica site-specific che ha coniugato la densità rituale del contesto con la radicalità poetica del linguaggio performativo contemporaneo.
Ideata dalla coreografa Mimma Di Vittorio e interpretata dalle danzatrici Chiara Trimarchi e Nicoletta Giancaspro, l'azione performativa ha riletto lo spazio sacro come corpo vivo, dove il gesto si fa preghiera muta e la materia corporea diventa veicolo di interrogazione spirituale. A dialogare con i corpi in scena, l'Orchestra di Fiati "Amici di San Rocco", guidata dal maestro Simone Salvatorrelli, che ha offerto una colonna sonora emotivamente stratificata, sospesa tra tradizione e dissonanza, evocazione e dramma.
Cuore concettuale dell'intervento artistico è stato il riferimento al Butoh, linguaggio performativo nato nel Giappone postbellico negli anni '60 grazie all'opera di Tatsumi Hijikata e Kazuo Ōno. Definito anche "la danza delle tenebre", il Butoh è una pratica che decostruisce i canoni estetici della danza classica e moderna per restituire al corpo la sua dimensione originaria, cruda, autentica. È un'arte che scava nel dolore, nell'abiezione, nella memoria ancestrale del corpo, rendendolo contenitore di lutti, estasi e trasformazioni. Il New Butoh, a cui si ispira questa performance, rielabora quei principi in chiave contemporanea, ibridandoli con elementi di altre culture e discipline, per esplorare nuove forme di presenza scenica e trascendenza fisica.
Su questo sfondo, i movimenti rallentati e ipnotici delle performer hanno tracciato una coreografia dell'attesa e della sospensione, quasi a farsi eco del dolore sacro che attraversa la Passione e a incarnare, attraverso la tensione muscolare e il peso del corpo, l'esperienza della fragilità umana. Nessuna parola, nessuna narrazione lineare: solo corpi attraversati dal suono, dalla memoria collettiva, dal senso del sacro che ancora oggi abita i luoghi e i gesti della devozione popolare.
Il risultato è stato un atto performativo di intensa carica simbolica ed emotiva, capace di rileggere i codici della tradizione attraverso un'estetica radicale e perturbante, e di restituire al pubblico un'esperienza che non si limita a essere spettacolo, ma diventa rito contemporaneo, come esperienza meditativa e comunitaria.
"I Suoni del Dolore" ha saputo costruire un ponte fragile ma potente tra le due dimensioni, interrogando il senso della sofferenza, del silenzio, della presenza. E così, nella notte che ha preceduto la processione degli Otto Santi, Ruvo ha assistito a un altro tipo di pellegrinaggio: quello interiore, tracciato da corpi che danzano non per mostrare, ma per offrire.