
Vita di città
Storia Viva - L’Asilo Infantile “Giovanni Jatta” di Sant’Angelo, scuola e memoria di Ruvo
Breve storia di un luogo caro ai ruvesi
Ruvo - martedì 14 ottobre 2025
Fondato il 23 dicembre 1868, l'Asilo Infantile "Giovanni Jatta" di Ruvo di Puglia rappresentò una delle prime e più significative istituzioni educative cittadine, nate per offrire istruzione e assistenza gratuita ai bambini poveri, tra i tre e i sette anni. L'iniziativa, sostenuta dal Comune e dai "luoghi pii" cittadini, rispondeva al crescente bisogno di protezione e formazione dell'infanzia in un'Italia da poco unita.
Dopo i primi tentativi di apertura presso l'ex monastero delle Benedettine, l'asilo trovò la sua sede definitiva nell'ex convento di Sant'Angelo, accanto al Ricovero di Mendicità "Maria Maddalena Spada". Qui, dal 1874, la gestione dell'istituto fu affidata alle Figlie della Carità, suore appartenenti all'ordine fondato nel Seicento da san Vincenzo de' Paoli e santa Luisa de Marillac, già attive in tutta Europa per l'assistenza agli ammalati e ai poveri.
Le Figlie della Carità erano facilmente riconoscibili per il loro abito caratteristico: una lunga veste azzurra o grigia, un grande grembiule bianco e, soprattutto, il celebre cappello alato — la cornette — formato da due larghe ali di lino inamidato che ricordavano le ali di un uccello.
Questo copricapo, di forte impatto visivo, divenne una sorta di simbolo popolare dell'ordine, tanto da entrare nell'immaginario collettivo come emblema di dedizione, modestia e disciplina. Nelle cronache e nei ricordi dei ruvesi più anziani, le "suore dal cappello alato" erano una presenza familiare: si prendevano cura dei bambini dell'asilo, degli anziani del ricovero e dei malati poveri, incarnando — nel bene e nel male — l'immagine di una carità silenziosa e operosa.
Non tutti, però, condividevano la scelta di affidare a un ordine religioso la direzione dell'asilo. In un articolo apparso sulla rivista "L'Italia Agricola", Vincenzo Testini, intellettuale ruvese dell'Ottocento, espresse forti riserve sulla gestione dell'istituto. Egli scriveva che "l'istituzione migliore che noi avremmo sarebbe l'asilo infantile, se pur esso fosse più accessibile, più ricco, più vasto, in mani di sagaci donne paesane e diretto sulle basi del sistema Fröbel o Pestalozzi". Testini attaccava apertamente le suore di carità, definite "pure prodotto del gesuitismo francese", ritenendole inadatte a occuparsi dell'educazione dei bambini, perché prive — a suo dire — di formazione pedagogica.
Le sue parole riflettono un più ampio dibattito post-unitario tra pedagogia religiosa e laica, tra carità tradizionale e nuove teorie educative ispirate a Friedrich Fröbel e Johann Heinrich Pestalozzi, promotori di un insegnamento basato sull'esperienza, sul gioco e sull'affettività.
Malgrado le critiche, l'Asilo "Giovanni Jatta" continuò la sua attività per oltre un secolo, divenendo un punto di riferimento per generazioni di bambini e famiglie.
Ancora oggi, tanti ruvesi ricordano con affetto di aver frequentato l'asilo di "Sant'Angelo" nei primi anni della loro infanzia.
L'istituzione confluì poi nella Congregazione di Carità di Ruvo di Puglia e, successivamente, nell'IPAB, fino alla sua dichiarazione di estinzione nel 1988. Rimane, però, nella memoria collettiva della città, come una delle prime esperienze concrete di educazione popolare e solidarietà civile nate nel cuore dell'Ottocento ruvese.
Fonti: F. A. BERNARDI, Dai Monti di pietà alla soppressione degli Enti Comunali di Assistenza. La beneficenza pubblica e privata a Ruvo (sec. XVI-XX), 2006, Odegitria, XIII; C. BUCCI, Vincenzo Testini – Un foreign fighter ruvese al seguito di Garibaldi, Terlizzi 2024.
Dopo i primi tentativi di apertura presso l'ex monastero delle Benedettine, l'asilo trovò la sua sede definitiva nell'ex convento di Sant'Angelo, accanto al Ricovero di Mendicità "Maria Maddalena Spada". Qui, dal 1874, la gestione dell'istituto fu affidata alle Figlie della Carità, suore appartenenti all'ordine fondato nel Seicento da san Vincenzo de' Paoli e santa Luisa de Marillac, già attive in tutta Europa per l'assistenza agli ammalati e ai poveri.
Le Figlie della Carità erano facilmente riconoscibili per il loro abito caratteristico: una lunga veste azzurra o grigia, un grande grembiule bianco e, soprattutto, il celebre cappello alato — la cornette — formato da due larghe ali di lino inamidato che ricordavano le ali di un uccello.
Questo copricapo, di forte impatto visivo, divenne una sorta di simbolo popolare dell'ordine, tanto da entrare nell'immaginario collettivo come emblema di dedizione, modestia e disciplina. Nelle cronache e nei ricordi dei ruvesi più anziani, le "suore dal cappello alato" erano una presenza familiare: si prendevano cura dei bambini dell'asilo, degli anziani del ricovero e dei malati poveri, incarnando — nel bene e nel male — l'immagine di una carità silenziosa e operosa.
Non tutti, però, condividevano la scelta di affidare a un ordine religioso la direzione dell'asilo. In un articolo apparso sulla rivista "L'Italia Agricola", Vincenzo Testini, intellettuale ruvese dell'Ottocento, espresse forti riserve sulla gestione dell'istituto. Egli scriveva che "l'istituzione migliore che noi avremmo sarebbe l'asilo infantile, se pur esso fosse più accessibile, più ricco, più vasto, in mani di sagaci donne paesane e diretto sulle basi del sistema Fröbel o Pestalozzi". Testini attaccava apertamente le suore di carità, definite "pure prodotto del gesuitismo francese", ritenendole inadatte a occuparsi dell'educazione dei bambini, perché prive — a suo dire — di formazione pedagogica.
Le sue parole riflettono un più ampio dibattito post-unitario tra pedagogia religiosa e laica, tra carità tradizionale e nuove teorie educative ispirate a Friedrich Fröbel e Johann Heinrich Pestalozzi, promotori di un insegnamento basato sull'esperienza, sul gioco e sull'affettività.
Malgrado le critiche, l'Asilo "Giovanni Jatta" continuò la sua attività per oltre un secolo, divenendo un punto di riferimento per generazioni di bambini e famiglie.
Ancora oggi, tanti ruvesi ricordano con affetto di aver frequentato l'asilo di "Sant'Angelo" nei primi anni della loro infanzia.
L'istituzione confluì poi nella Congregazione di Carità di Ruvo di Puglia e, successivamente, nell'IPAB, fino alla sua dichiarazione di estinzione nel 1988. Rimane, però, nella memoria collettiva della città, come una delle prime esperienze concrete di educazione popolare e solidarietà civile nate nel cuore dell'Ottocento ruvese.
Fonti: F. A. BERNARDI, Dai Monti di pietà alla soppressione degli Enti Comunali di Assistenza. La beneficenza pubblica e privata a Ruvo (sec. XVI-XX), 2006, Odegitria, XIII; C. BUCCI, Vincenzo Testini – Un foreign fighter ruvese al seguito di Garibaldi, Terlizzi 2024.


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