
Un ulivo per Rosario Livatino: la scuola “Cotugno” ricorda il giudice beato con un gesto che parla di giustizia e speranza
Il pensiero di don Nicolò Tempesta, guida del percorso educativo avviato a ottobre
«Un anno che ha segnato l'inizio di una nuova storia scolastica, certamente densa di importanti passaggi, affrontati con determinazione», scrive la dirigente Rachele De Palma nell'editoriale del numero 44 del giornale scolastico L'Eco della scuola. A fare eco alle sue parole, il dirigente reggente Francesco Catalano, che nel saluto finale sottolinea «quella irrinunciabile coesione e vivacità culturale che contraddistingue il senso di questa comunità».
Questa vivacità ha preso forma concreta nei tanti eventi di fine anno: dalle feste di saluto per i bambini dell'infanzia "Barile", "Cantatore" e "Collodi", alla performance teatrale delle quarte classi della primaria "Bovio" con Per chi suona la campanella, fino alle iniziative simboliche e profonde della secondaria "Cotugno".
Tra queste ultime, mercoledì 4 giugno si è tenuta nel giardino della scuola una cerimonia carica di emozione: la dedicazione di un ulivo alla memoria del giudice beato Rosario Livatino, a conclusione di un percorso di educazione civica e religiosa promosso durante tutto l'anno. Hanno partecipato il sindaco Pasquale Chieco, l'assessora Anna Lobosco e don Nicolò Tempesta, parroco della chiesa di Santa Lucia, promotore del cammino che ha portato anche all'accoglienza della reliquia di Livatino – la camicia insanguinata indossata nel giorno dell'agguato – lo scorso dicembre.
Pubblichiamo integralmente il pensiero condiviso da don Nicolò Tempesta in occasione della dedicazione dell'ulivo:
Caro Rosario Livatino,
vorremmo usare con te un tono confidenziale alla fine del nostro percorso di conoscenza con te e lasciare da parte lo stile formale e distante dei titoli. Del resto, è scritto di te che raramente quando stringevi la mano, ti presentavi con i titoli che ti hanno reso un uomo delle istituzioni della nostra Repubblica. Stiamo per dedicare un albero in tuo ricordo, è il nostro modo semplice per dirti semplicemente grazie!
La tua camicia sporca di sangue che abbiamo potuto venerare oltre che osservare nella parrocchia di S. Lucia lo scorso dicembre è il segno tangibile che sei stato un uomo credibile perché onesto e coerente. Quella camicia ha rappresentato per noi il monito più alto e l'insegnamento più vero di questo anno scolastico: dare diritto alla ragione, saper pensare per poter scegliere il bene. Lo hai detto proprio tu in una conferenza del 1989: "… decidere è scegliere … e scegliere è una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare". Ciò che caratterizza la scelta non è tanto la libertà ma l'esercizio della ragione che vede il bene e lo insegue.
Allora grazie caro Rosario Livatino, perché ci hai insegnato che non si decide di fare ciò che si sceglie, ma al contrario si sceglie ciò che si è deciso: il bene.
La tua camicia sporca di sangue che è arrivata nella nostra città di Ruvo lo scorso Natale è il segno tangibile che non vivevi la tua fede pur lavorando, ma vivevi la tua fede nel lavoro. Cioè, proprio il tuo lavoro diventava la tua chiesa; il Codice penale e tutti i testi che utilizzavi sono diventati gli strumenti di preghiera che permettono a noi oggi di scorgere tra le brutture delle ingiustizie la possibilità di dare credito a Dio che è il "sommo bene".
Vivevi la tua fede in maniera concreta nelle scelte che compivi e noi ne siamo venuti a conoscenza solamente dopo la tua morte. Grazie perché non ostentavi nessuna apparenza riguardo al tuo cammino di fede. Abbiamo saputo che partecipavi quotidianamente alla Messa nella chiesa di San Giuseppe vicino al Tribunale di Agrigento perché il parroco di quella chiesa ti vedeva arrivare ogni giorno, ma solo dopo lui ha scoperto che eri un magistrato.
La tua camicia sporca di sangue è una reliquia insolita che ci ha ricordato che nella vita non esistono supereroi e che solo l'amore fa la differenza nel mondo. Tu non ti sei mai sentito un eroe, eri una persona che aveva capito quello che doveva fare e lo ha concretizzato nella sua esperienza da magistrato, così come ciascuno di noi è chiamato a farlo nella propria quotidianità. Quindi, nulla di straordinario, ma vivere la propria vita in pienezza.
Quella camicia che indossavi il giorno del tuo assassinio, consunta dal sangue, e che per 32 anni è stata un reperto processuale conservato negli armadi blindati del Tribunale di Caltanissetta, è diventata per noi il colore dell'amore di chi nella vita fa sul serio.
Innanzitutto, ci ricorda che da una determinata mentalità si può uscire. E si può uscire stando nel nostro territorio e amandolo, amandola questa terra. E in maniera particolare, poi, la dimensione di fede ci aiuta a fare quel salto di qualità che altrimenti da soli non riusciremmo a fare. E cioè trovare quel coraggio di vedere le cose in un modo diverso e di poter denunciare tutto ciò che non corrisponde al Vangelo. Per cui è possibile vivere in maniera diversa, è possibile amare l'uomo e rispettarlo nella sua dignità.
La tua camicia sporca di sangue ci ha fatto capire che il tuo martirio dobbiamo comprenderlo in maniera fattiva come amore profondo per l'uomo, e per l'uomo dei nostri tempi. Pensando a te, guardando questo albero nel giardino della nostra scuola, avendone cura perché cresca sarà il segnale più bello che ci ricorderà che studiare significa avere a cuore l'uomo perché morire per la giustizia e morire per la fede è la stessa cosa, morire per il Vangelo è la stessa cosa.
E allora, in un tempo in cui regna sovrano l'egoismo, in un tempo in cui cerchiamo di sopraffarci l'un l'altro, il tuo messaggio, caro giudice ragazzino, è che dare la vita per l'altro è la cosa più bella che possa accadere ad un uomo per vivere la vita stessa in maniera piena.
Grazie, spero di venirti a trovare a Caltanissetta, dove sei ora nella Chiesa di S. Chiara e dirti personalmente il mio grazie e quello della comunità scolastica della "Cotugno" di Ruvo di Puglia.
Iniziative come questa restituiscono valore al gesto educativo, radicandolo nella memoria viva di esempi come quello di Rosario Livatino. Un albero che cresce nel giardino della "Cotugno" è ora il simbolo di una scelta: quella di coltivare, ogni giorno, la giustizia, la coerenza e la speranza.